Helmut Newton


(da una intervista di Frank Horvat 1986)
Ho cominciato come fotografo di Vogue a Sydney, nel 1952, e questo ha lasciato in me una sorta di sistema inibitorio, di cui non mi sono ancora disfatto del tutto e che mi blocca di fronte a certi soggetti. È per superare questo blocco che voglio fare della pornografia hard - e allo stesso tempo mi domando se ciò che ho già fatto sia abbastanza hard, se non debba spingermi molto più oltre. Se c'è qualcosa che odio, è sicuramente il buon gusto: per me è una parolaccia.
Penso semplicemente che quando il tema della foto è legato alla mia vita, presente o passata, mi sembra una buona idea mettermi nell'immagine. Ovviamente non mi metterei mai in una foto pubblicitaria. La prima volta che ho posato per me stesso è stato per Vogue, nel '79 o nell'80. Dovevo presentare della moda maschile e questo mi ha dato l'idea. La foto che ho fatto è una delle mie preferite. Tutto quello che ci si vede fa parte della mia vita: la mia macchina fotografica, la mia modella di nudo preferita, mia moglie June che guarda la modella con un'espressione molto divertente, lo studio di Vogue dove sono successi molti fatti importanti per me, la Place du Palais-Bourbon, che si intravede attraverso la porta aperta, e dove ho fatto migliaia di fotografie, soprattutto nei giorni delle sfilate di alta moda. Questa è una vera foto autobiografica. È un buon esercizio; per me ogni fotografia è un esercizio.
Photo Helmut Newton


Potrei fotografarmi mentre faccio l'amore, ma non inserirei questa foto in una mostra o in un libro. June mi ha fotografato mentre piscio: è una foto molto divertente. Sono in controluce, nel giardino di Ramatuelle, e guardo l'obiettivo, mentre i raggi del sole al tramonto fanno brillare lo spruzzo di pipì. È molto romantico e non ci vedo nulla di male.

Sono come tante altre persone: mi siedo sulla spiaggia o sulla terrazza di un caffè, guardo la gente - soprattutto le donne - e mi invento delle storie. È un buon modo per passare una mezz'ora. Questo è il periodo migliore dell'anno, quando il grosso dei villeggianti estivi se n'è andato. Ogni anno ce n'è una che mi fa sognare più delle altre. L'anno scorso era una tedesca: mi ero immaginato tutta una storia su di lei. Era interessante. Non ho visto il suo viso che l'ultimo giorno, ma aveva un corpo di una bellezza straordinaria. Sapevo che era tedesca perché aveva un libro, "Il Francese in venti lezioni" o qualcosa del genere. Un corpo incredibile, ma non riuscivo a vederle il viso. L'ultimo giorno un tipo l'ha abbordata e io mi divertivo a guardarli. È stato in quel momento che lei si è girata verso di me: aveva uno di quei visi dal mento sfuggente, di una noia mortale. Non era brutta, se lo fosse stata avrebbe potuto essere interessante. Ho pensato che chi ci va a letto dovrà metterle una federa di cuscino sulla faccia. Per me, queste storie che mi racconto sono molto europee, non trovo molto da immaginare in America.

Io comincio facendo ciò che ho pensato di fare. Poi faccio un giretto e mi chiedo se potrei provare in altri modi. Ma arrivo molto presto ad un punto di saturazione in cui tutto ciò mi infastidisce e mi dico che la mia prima idea era quella giusta. Ho una capacità di attenzione limitata, è per questo che non saprei fare un film. Per me, un lavoro che duri più di due giorni non è un buon lavoro. Come quando ero campione di nuoto: vincevo sui 100 metri e sarei stato ancora più forte sui 50.

… spesso cerco di fare delle "brutte foto". Certo non posso fare a meno di lavorare meticolosamente, ma mi piace che le fotografie sembrino sbagliate. È per questo che ho abbandonato il Kodachrome: ha una grana troppo fine, è troppo professionale. Preferisco i colori sparati, che fanno pensare a un errore nello sviluppo. Il colore brutto mi piace, purché non sia davvero orribile, ed anche le foto di traverso. Mi capita di tenere la macchina un pò di traverso, quanto basta perché la foto non sia troppo perfetta.

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